mercoledì 28 novembre 2012

Dal dolore può rinascere la speranza, in versi


Dal dolore può rinascere
la speranza, in versi che
vincono la disperazione,
reinventando il domani 

di Emanuela Pugliese
Dalle ceneri di una tragedia risorge il dolce ricordo che conduce
verso una luminosa rinascita. Da Città del sole, un’opera poetica 


Non è facile raccontare, comunicare ad altri l’esperienza del dolore se non lo si è vissuto in prima persona. Si può solo immaginare o, a tratti, percepire… Il dolore, per chi lo ha sperimentato sulla propria pelle, è come un marchio che segna in maniera indelebile tutta l’esistenza. Ancora più difficile è tentare di convivere col dolore, con la rabbia, con la malinconia e con una serie di sentimenti scaturiti da un evento tragico quale è il terremoto.
A distanza di tre anni, in seguito al terribile sisma che ha devastato l’Abruzzo nel 2009, Alessandra Prospero – nata e cresciuta a L’Aquila, già autrice di diverse antologie poetiche, edite da De Felice edizioni e Gds, nonché recensionista per le nostre riviste on line − racconta l’esperienza più traumatica della sua vita e lo fa con una raccolta di poesie, P.s. Post sisma(Città del sole edizioni, pp. 40, € 8,00), in cui emerge la fragilità, la paura e l’angoscia di un essere umano di fronte a una calamità naturale. Un’angoscia che disorienta, che rende inermi e che costringe a identificarsi con le vittime e il loro dolore.
Ancora più sconvolgente il fatto che i versi della silloge risuonino, oggi, tremendamente attuali, quasi a voler ricordare incessantemente la precarietà dell’esistenza umana e l’ineluttabilità del proprio destino, malgrado le poco rassicuranti spiegazioni scientifiche degli esperti con le loro previsioni e i loro gradi Richter.

Il dramma
La prima sezione dell’antologia, intitolata Il dramma, ci catapulta direttamente all’interno dell’evento tragico: fiamme arancioni, puzzo di zolfo e di gas, buio eterno costituiscono lo scenario della prima poesia (Un anno), in un susseguirsi di immagini e di sensazioni che emozionano il lettore in un misto di solidarietà e comune rassegnazione. E poi ancora la consapevolezza di aver perso tutto: la propria casa, i propri ricordi sono inghiottiti per sempre dalle macerie, mentre il giovane melograno cerca di resistere, aggrappandosi «faticosamente al proprio orcio di salvezza».
La poesia quindi come dimensione dell’anima, in cui si esplica il mondo interiore dell’autrice e riprendono vita situazioni nefaste, in cui tutti si interrogano sul “perché” di tanta sciagura: domanda a cui nessuno sa o può rispondere.
Il sisma diventa pertanto l’occasione per riflettere sulla caducità dell’umano esistere, svela la fragilità e la debolezza di ognuno di noi di fronte alla Natura che sa essere «matrigna», ingannatrice e indifferente alla nostra sorte, come direbbe Leopardi, e l’unica reazione possibile è tentare di essere solidali l’un l’altro.
Delusione, rabbia, vendetta: questi i sentimenti della prima sezione della silloge in uno stile semplice e lineare, che colpisce per la forza incisiva dei suoi versi e arriva direttamente al cuore.

La speranza
Altrettanto emozionante la seconda parte della raccolta, intitolata La speranza, in cui emerge con vigore la voglia e la fatica di ricominciare, l’ansia di vivere e di non arrendersi dell’autrice. La Natura, che prima si era rivelata traditrice, adesso si trasforma in «primavera sognante», in un ammaliante oblio di profumi e di «piccole cose musicali».
Affiora, soprattutto, la tenacia, il coraggio di chi non vuole abbandonare la propria terra, nonostante quella terra l’abbia più volte ingannato, perché vi è nato e cresciuto, vi ha visto nascere, a loro volta, i propri figli. Non è un caso se nella poesia Figlio sono riposte tutte le speranze dell’autrice alle quali, con dolcezza materna, ella tenta di aggrapparsi per non sprofondare nel buio della disperazione e poter intravedere un piccolo angolo di paradiso.
Amore di madre, ma anche amore di figlia nella penultima poesia della raccolta (A mia madre), in cui domina la brama di ritornare alla gioia di un tempo, alla pace di «domeniche serene e sorridenti» per sempre turbate dal sisma, e infine l’invito a spronarsi a vicenda per intraprendere un nuovo cammino insieme.
Infine, la silloge si chiude con l’immagine del Salinello, fiume che attraversa l’Abruzzo settentrionale, l’unico elemento finora ad essersi dimostrato fedele, visto quasi come un guardiano dell’anima, il cui compito principale è preservare la pace interiore.
Significativo il ritorno di questa immagine finale: essa riprende una metafora già presente nella poesia Collegialità, in cui l’autrice paragona l’individuo, il singolo, a un fiume e l’umanità in generale al mare, come per sottolineare la solitudine di ogni uomo di fronte al proprio destino. Sembra quasi di rileggervi Quasimodo, in particolare le parole della poesia Ed è subito sera, profondamente incentrata sulla condizione esistenziale dell’uomo, in cui i temi principali (solitudine e brevità della vita) sono racchiusi in tre versi incisivi.
La poesia della Prospero è tutto questo, ma è anche qualcosa in più: è urlo di disperazione e insieme di rinascita, è filtro dell’anima e riflessione esistenziale; è un connubio di sentimenti contrastanti e di palpiti del cuore che, siamo certi, non deluderà il lettore.

Emanuela Pugliese

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 61, settembre 2012)

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